Tutto sul gas di discarica

Il gas di discarica:
un sottoprodotto dello stoccaggio dei rifiuti

La valorizzazione del gas di discarica sotto forma di biometano (detto anche “gas naturale rinnovabile”) rappresenta una sfida tecnica ed economica: la portata e la composizione del gas, infatti, sono imprevedibili e in costante variazione. Un’adeguata conoscenza delle caratteristiche di questo gas è essenziale per la buona riuscita di un progetto di immissione.

Tre fonti di gas

Il gas di discarica è una miscela di tre gas in proporzioni variabili: il biogas generato dalla fermentazione della materia organica contenuta nei rifiuti, l’aria che penetra nel sistema di raccolta e i diversi composti organici volatili prodotti dai rifiuti.

 

 

1) Il biogas prodotto spontaneamente dalla fermentazione della materia organica

Rifiuti alimentari, vegetali, carta, cartone, cuoio, legno, ecc.: i rifiuti interrati contengono una quota consistente di materia organica residua, che rappresenta circa la metà del tonnellaggio e scende intorno al 25% in caso di smistamento a monte.

All’interno delle discariche, questa materia organica viene degradata dall’azione di diversi microrganismi, che proliferano negli ambienti umidi e privi di ossigeno. I più attivi sono i cosiddetti batteri “metanogeni”, la cui respirazione anaerobica produce metano (CH4).

Questo fenomeno spontaneo produce un biogas composto principalmente da metano e anidride carbonica (CO2). Contiene anche tracce di idrogeno solforato (H2S), ammoniaca (NH4), idrogeno (H2), composti organici dello zolfo (chiamati “mercaptani”) e diversi acidi allo stato gassoso o sotto forma di aerosol.

La composizione di questo biogas varia notevolmente nel tempo, a seconda dello stato di avanzamento del processo di degradazione della materia organica.

Immagine che mostra un sistema di raccolta del biogas in un impianto di stoccaggio di rifiuti non pericolosi.

2) L’aria che penetra nel sistema di raccolta

Il metano è un gas altamente infiammabile. È anche un potente gas a effetto serra, con un potenziale di riscaldamento molto più elevato rispetto all’anidride carbonica. Gli operatori dei siti di interramento lo devono catturare per prevenire incendi ed esplosioni e per evitarne il rilascio nell’atmosfera. È anche un modo per ridurre gli odori sgradevoli e facilitare la rivegetazione del sito.

La cattura del biogas avviene con l’ausilio di un dispositivo di aspirazione (soffiante) collegato, da un lato, a un sistema di canalizzazioni le cui diramazioni affondano nella massa di rifiuti e, dall’altro, a una torcia o a un’unità di valorizzazione. Poiché questi sistemi non sono mai perfettamente sigillati, aspirano anche aria (ossigeno e azoto). La quantità di aria presente nel gas di discarica dipende da una serie di parametri, come le impostazioni del booster, la permeabilità delle pareti e la tenuta delle canalizzazioni.

 

3) I composti organici volatili (COV)

Il sistema di raccolta aspira anche i composti volatili prodotti dai rifiuti: vernici, solventi, detergenti, ecc. Tra questi figurano, in particolare, idrocarburi, silossani, aerosol, polveri, particelle e metalli in forma volatile. Questi diversi composti, presenti in tracce, vengono raggruppati sotto il nome di “composti organici volatili” (COV).

La composizione chimica del gas di discarica

Il gas che raggiunge la torcia o l’unità di valorizzazione è una miscela di biogas, aria e composti organici volatili. È costituito da metano (CH4), anidride carbonica (CO2), ossigeno (O2) e azoto (N2), oltre a vari composti presenti in tracce. La percentuale di ciascuno di questi gas varia da un sito all’altro: dipende dalla natura dei rifiuti stoccati, dallo stato di avanzamento del processo di fermentazione, ma anche da fattori esterni.

Le impostazioni del booster influiscono direttamente sulla quantità d’aria. Più l’aspirazione è intensa, più l’aria riesce a penetrare attraverso le imperfezioni del sistema di raccolta. Anche le condizioni meteorologiche hanno un ruolo: umidità e temperatura elevate stimolano l’attività batterica e la produzione di biogas. Persino le variazioni della pressione atmosferica incidono direttamente sulla percentuale di ossigeno presente nel gas di discarica.

Metano  (CH4)

Il gas di discarica contiene in media il 40-50% di metano (CH4). Il metano è un gas energetico: è il componente principale del gas naturale fossile che consumiamo per il riscaldamento e i trasporti.

La soluzione adottata comunemente per valorizzare il metano contenuto nel gas di discarica è quella di bruciarlo in un cogeneratore per produrre energia elettrica. La tecnologia WAGABOX® permette ora di separarlo dagli altri componenti per immetterlo direttamente nelle reti del gas, in sostituzione del gas naturale fossile.

 

Anidride carbonica (CO2)

Le molecole di carbonio presenti nel gas di discarica sotto forma di anidride carbonica (CO2) o metano (CH4) provengono dalla degradazione della materia organica. Sono state assorbite dagli organismi viventi durante la loro crescita (attraverso la fotosintesi) e successivamente rilasciate nell’atmosfera. Questo carbonio organico non aumenta, quindi, la quantità di carbonio nell’atmosfera (ciclo breve del carbonio), a differenza del carbonio prodotto dalla combustione delle fonti fossili.

Il carbonio non biodegradabile, contenuto nei materiali organici sintetici come la plastica, rimane immagazzinato nel sottosuolo. Un sito di stoccaggio dei rifiuti, quindi, è simile a un “pozzo di carbonio”, ovvero un serbatoio che contribuisce a ridurre la quantità di carbonio nell’atmosfera.

Ossigeno e azoto (O2 e N2)

L’aria rappresenta il 10-30% della composizione del gas di discarica. La sua presenza rende molto più complesso il recupero del metano: le tecnologie di filtrazione sono inutilizzabili, poiché le molecole di metano, ossigeno e azoto hanno dimensioni simili. Inoltre, in determinate proporzioni, la miscela può diventare esplosiva.

La tecnologia WAGABOX® sfrutta la criogenia per separare il metano dai gas nell’aria. Questa tecnologia garantisce la produzione di un biometano (gas naturale rinnovabile) sufficientemente puro per essere immesso nelle reti del gas, indipendentemente dalle percentuali di ossigeno e azoto presenti nel gas di discarica. 

 

Idrogeno solforato (CO2)

L’idrogeno solforato (H2S) è un gas altamente tossico e corrosivo, caratterizzato da un forte odore di “uovo marcio”. Attacca, in particolare, l’acciaio e il rame. Deve essere eliminato a monte del processo di valorizzazione, per evitare danni all’impianto.
La concentrazione di idrogeno solforato e altri composti dello zolfo (mercaptani) nel gas di discarica tende ad aumentare con lo stoccaggio di rifiuti industriali ad alto contenuto di zolfo, in particolare i pannelli di cartongesso utilizzati in edilizia. In alcuni siti, può raggiungere i 10.000 ppm (misurazioni di Waga Energy).

I composti di zolfo rappresentano un fattore di rischio per il personale, una fonte di odori sgradevoli che infastidiscono i residenti e un costo da tenere in considerazione in un progetto di valorizzazione.

Una produzione variabile nel tempo

In una discarica, la produzione di gas si estende per diversi decenni. Aumenta costantemente durante la fase operativa del sito, raggiungendo il picco alcuni mesi dopo l’arrivo degli ultimi rifiuti. In seguito, diminuisce progressivamente nell’arco di diversi anni, anche di diversi decenni se la quantità di rifiuti stoccati è elevata, fino alla completa degradazione della materia organica.

Ottimizzazione della valorizzazione energetica di un giacimento di gas di discarica

La produzione di gas di un sito di stoccaggio può essere parzialmente controllata attraverso la configurazione del sistema, in particolare le impostazioni del booster. Possono essere adottate due strategie:

  • Configurazione del sistema in modalità “bonifica”
    La soffiante aspira con forza il gas e mantiene una depressione significativa all’interno della massa di rifiuti. Ciò consente di ridurre gli odori sgradevoli, ma aumenta la concentrazione dell’aria fino al 30%.
  • Configurazione del sistema in modalità “valorizzazione”
    Il booster mantiene la depressione a un livello basso e regolare. La corretta impostazione delle valvole e la buona tenuta del sistema di raccolta mantengono la percentuale di aria al di sotto del 15%.

L’operatore della discarica deve regolare spesso queste impostazioni, in base alla produzione delle diverse aree di deposito (chiamate “serbatoi”) e tenendo conto di vincoli talvolta contraddittori: valorizzazione del metano, riduzione degli odori sgradevoli, riduzione delle emissioni inquinanti, ecc.

La gestione di un sito di stoccaggio dei rifiuti con bioreattori

La gestione di un sito di stoccaggio in modalità “bioreattore”, nata negli Stati Uniti negli anni ’90, ha l’obiettivo di accelerare il processo di degradazione della materia organica e di stabilizzare i rifiuti, richiudendoli in un ambiente confinato e irrigato con acqua di dilavamento (detta “percolato”). Questo dispositivo stimola l’attività microbica e diluisce gli eventuali inibitori (ammoniaca, sali, zolfo, ecc.). Quando AD il serbatoio è ricoperto da una membrana impermeabile, è necessario installare un bioreattore per consentire la degradazione della materia organica ed evitare la “mummificazione” dei rifiuti.